Intervista a Guido Giraudo su Magna Polonia

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Pagina dell’intervista a Guido Giraudo pubblicata su Magna Polonia

1. Come sei diventato militante di destra? Dalle tradizioni familiari?
Non esattamente. Mio padre, ufficiale di Cavalleria, era monarchico. Come tale, l’8 settembre 1943, rimase fedele al giuramento al re nonostante la sua fede fascista. Fu imprigionato dai tedeschi e detenuto proprio in Polonia. Da lui ho appreso il senso dell’onore e della fedeltà. Mi sono avvicinato alla destra neo-fascista al liceo, nel 1968, come reazione alle prime occupazioni, al caos, alla menzogna e alla violenza che accompagnavano tutte le azioni della sinistra. Avevo 15 anni, quindi non ero un gran “militante” ma, da allora, non ho mai abbandonato l’area.

2. Facevi l’università ed eri dirigente nazionale del FUAN durante gli anni settanta. Come si viveva e militava in quegli anni essendo un giovane di destra?
A Milano era davvero pericoloso ed era quasi impossibile fare politica. Mi iscrissi ad Economia e Commercio alla Università Bocconi e, al secondo esame, fui aggredito con spranghe e bulloni (fortunatamente non ero uscito dalla macchina e riuscii a salvare la pelle). Allora mi iscrissi all’Università Cattolica (che era un po’ il “rifugio” di quelli di destra). Lì cercai per 3 anni di presentare delle liste anticomuniste, ma finì sempre con un sacco di botte prese…

3. Negli „anni di piombo” sono nati anche gli Amici del Vento. Com’e’ nato il gruppo e come si svolgeva la sua attività quotidiana? Qual’era il tuo ruolo nel gruppo?
Nel 1975 ero nel FUAN (organizzazione universitaria del MSI) e organizzavamo un piccolo cabaret nella sede degli Arditi (ex combattenti). Qui conobbi Carlo Venturino che suonava la chitarra e cantava delle ballate ironiche. Lui mi fece conoscere un circolo: “Alternativa Nazionale” guidato da un ex legionario della Guardia di Ferro rumena, Niki Constantinescu. Incominciai a frequentarlo (a quei tempi seguivi qualsiasi gruppo non fosse di sinistra, anche i liberali, i monarchici o i cattolici). Nel 1976 Carlo si recò a cantare le sue canzoni a Torino e io lo accompagnai. Fu un grande successo. Al ritorno insieme il fratello Marco e alla fidanzata Cristina decise di formare “un gruppo”; la madre trovò il nome: “Amici del Vento” e le prime canzoni incominciarono a girare. Io non so cantare né suonare… dunque potevo fare solo il presentatore, il cabarettista (nei primi anni) e l’organizzatore (avevo contatti in tutta Italia). Serviva anche quello!

4. Ricordi dei momenti particolarmente felici, belli o divertenti per gli Amici del Vento?
Centinaia. Era la nostra giovinezza a rendere tutto bello e felice, anche il pericolo, anche le difficoltà. Nei lunghi viaggi in auto o in treno per andare a suonare si rideva, si cantava. Poi si conoscevano nuovi camerati, si mangiava poco e si dormiva male !! Ma tutto era bello… Perché avevamo trovato una forma positiva di militanza, utile a tutti ma anche piacevole.

5. Potresti raccontare anche uno di quei felici momenti degli Amici del Vento?
Difficile sceglierne uno: certo la trasferta in Spagna e la nostra esibizione di fronte a 3000 persone nel più grande teatro di Madrid con le ragazzine che ci aspettavano fuori urlanti come fossimo i Beatles. Oppure le infinite prese in giro per una frase sciocca (in genere mia!!!) o per qualche gaffe (di Marco)… Insomma: tamta allegria pur in un periodo duro e drammatico.

6. C’erano dei momenti pericolosi nella attività degli Amici del Vento?
In tutte le attività dell’estrema destra italiana c’era (e c’è ancora oggi) pericolo. Prima di un concerto a Milano fummo attaccati con bottiglie molotov. Quello stesso giorno la sede del circolo Alternativa Nazionale fu devastata e date alle fiamme. A Palermo misero una bomba davanti al teatro in cui dovevamo suonare. A Monza un nostro concerto finì con cariche della polizia e diversi feriti e arrestati…

7. Avete partecipato anche ai Campi Hobbit. Che ricordo ne hai?
– Abbiamo partecipato ai primi due. Hobbti 1 fu la scoperta, lo novità, il cambio epocale. Noi allora non lo sapevamo ma in quei giorni nacquero nuovi lnguaggi, nuove grafiche e nuove musiche che segnarono la destra giovanile fino ai giorni nostri. Il secondo era già animato dalle discussioni interne al partito tra una corrente e l’altra, quindi meno armonioso del primo, c’erano già anche delle esasperazioni che, poi, nle terzo arrivarono al loro massimo grado. Tanto che noi, appunto, non fummo neppure invitati.

8. L’attività degli Amici del Vento negli anni ottanta e’ finita con la morte di Carlo Venturino. Ci racconti del vostro leader?
In questi giorni in cui ricorre il 30.mo della sua morte è stato detto e scritto tanto. Sembra sempre retorico parlare bene di chi non c’è più… Eppure Carlo era davvero eccezionale: un vero capo, carismatico, coraggioso, sempre in prima linea eppure sempre allegro, positivo. Sempre disponibile come camerata, come amico, come medico. Una bella persona, “solare”, perché davvero sembrava sempre portare luce, tranquillità, spirito attivo.

9. Com’era la storia degli Amici del Vento nel secondo periodo della vostra attività?
Dopo la morte di Carlo, il fratello Marco trovò la forza di scrivere 4 nuove canzoni… forse le più belle, tra cui proprio “A Carlo”. Nel 1986 (a 3 anni dalla morte di Carlo e 10 dalla nascita degli Amici del Vento) ci fu un primo concerto. Poi, nel 1993, si decise di incidere una musicassetta con gli inediti di Carlo e le 4 canzoni nuove di Marco. Successivamente Marco riprese a fare concerti, ma non sempre ci trovammo d’accordo sul modo e quindi ci “separammo” per ritrovarci però a organizzare il concerto del 2003 per i vent’anni della morte. A quel punto Marco smise anche di fare concerti. Siamo sempre rimasti legati e, alla fine, l’anno scorso – come tu sai, perché eri presente – Marco ha ripreso in mano la chitarra e insieme abbiamo preso il coraggio per organizzare il grandioso concerto dedicato a Carlo, del 16 dicembre scorso.

10. Sei presidente e fondatore dell’Associazione Culturale Lorien. Com’e’ nata questa associazione e di cosa si occupa? Perché avete scelto questo nome?
Già negli anni Novanta, con l’avvento del digitale, si pose il problema di salvare e conservare le molte produzioni musicali di destra prima che le musicassette o i dischi si deteriorassero. Nacque allora il progetto dell’Archivio storico: non solo raccogliere e catalogare, ma anche masterizzare e persino “restaurare” brani musicali, registrazioni di concerti, produzioni di quei primi vent’anni. A darci fiducia fu una persona eccezionale: Marzio Tremaglia che, in quei tempi, era Assessore alla Cultura nella Regione Lombardia. Da allora abbiamo sempre continuato a raccogliere e catalogare le produzioni musicali di area… Ora, da due anni il sito è fermo, ma posso già dire che in questo 2014 nascerà una Nuova Lorien e tutto ripartirà su nuove basi tecnologiche. Perché Lorien? Siamo tutti molto legati alla cosmogonia tolkieniana e, tra i vari nomi di Lorien, cè anche Lindorinand (“valle dei cantori”).
11. A dicembre si e’ svolto un grande concerto dedicato a Carlo Venturino e agli Amici del Vento. Che significato aveva questo evento per te personalmente e per tutto l’ambiente della destra italiana?
Per Marco e per me, ovviamente, era il dovere della testimonianza e la volontà di trasformare il ricordo personale in memoria collettiva. Le canzoni degli Amici del Vento sono comunque un patrimonio di tutti i gruppi di Musica alternativa (non solo italiana) e per trent’anni sono sempre state cantate. Infatti, come avrai notato ascoltando il pubblico, sono conosciute da tutti: sessantenni e quindicenni. Il fatto di chiamare altri 13 gruppi sul palco ha significato dare riconoscimento a un movimento musicale le cui dimensioni sono poco conosciute al nostro stesso ambiente. Insieme, ha significato trasmettere il testimone. Come puoi immaginare è altamente improbabile che noi si possa pensare a organizzare un concerto tra 10 anni. Speriamo che questo dovere sia ora sentito da quelli che hanno partecipato il 16 dicembre e, quindi, che siano loro a portare avanti la tradizione !

12. Curi anche delle iniziative non-musicali?
Dal punto di vista militante seguo molte attività… nei limiti delle mie possibilità. Con una associazione che si chiama Memento ci prendiamo cura di Campo 10 (il più importante cimitero di caduti della Repubblica Sociale Italiana) e di altri luoghi della memoria Patria. Ogni tanto mi chiamano ancora per tenere conferenze e il libro che scrissi sulla vicenda di un martire degli anni Settanta (Sergio Ramelli) ancora viene diffuso e ancora genera dibattiti.

13. Puoi descrivere in breve la situazione della destra italiana di oggi?
La destra ex-missina (post fascista) è politicamente inesistente, frammentata in piccoli partiti che non arriveranno ad avere nessuna rappresentanza. L’area di “destra” generica è quindi occupata in parte dalla Lega, in parte da ciò che resta del partito di Berlusconi. Invece, a livello associativo, locale, esistono decine e decine di splendide realtà militanti, oggi molto attive anche in campo sociale, che potrebbero diventare il tessuto con cui forgiare un nuovo abito… Manca però un motivo di unità (un leader o un forte richiamo emotivo) e così siamo tutti simili (nelle idee) e tutti divisi (nell’azione).

14. Hai una grande esperienza come militante politico. Puoi dare un messaggio o dei consigli per i giovani militanti polacchi che leggeranno quest’intervista?
Conosco poco la vostra realtà e certo è diversa per storia, tradizione e situazione politica interna da quella italiana. L’unica cosa che mi sento di dire è che il primo dovere di una Comunità militante è quello di forgiare uomini: uomini nuovi, uomini veri. Prima dell’azione politica, prima delle iniziative esterne, prima di tutto viene la formazione, che non è solo culturale (non basta leggere libri) ma è soprattutto etica. La nostra società moderna sforna uomini completamente svincolati dalle tradizioni, sradicati (nel senso letterario “senza radici”) dalla propria civiltà. Sta a noi ritrovare, rendere vive, emozionanti, vere e belle le tradizioni. Non ci si può aspettare frutti se non si sono tenute riparate dal gelo le radici, se non si sono nutrite (anche con il concime del nostro sudore e del sangue dei martiri); se non si è curata la crescita del tronco (anche potando i rami secchi o quelli inutili)… Solo così si avranno – a primavera – nuovi fiori e nuovi frutti!


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