“E noi sempre in piedi, come lampi di cuore”

Migliaia di persone, ognuna con la sua storia e i suoi ricordi. Migliaia di cuori che hanno riempito prima la chiesa dei Santi Nereo e Achilleo per pregare per Sergio Ramelli e sua mamma Anita e poi si sono riversati nella piazza antistante, dove era stato allestito un palco su cui, a fare da sfondo, erano state poste tre gigantografie dei volti di Sergio, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, che sembravano osservare tutti quelli che, militanti e gente comune, si stavano preparando a ricordarli.

E’ stato un 29 aprile molto particolare quello vissuto a Milano. Preceduto da tensioni che non hanno nulla a che vedere con la verità e il rispetto per i morti, il giorno in cui la città e non solo ha commemorato l’anniversario dei tre martiri quest’anno ha visto il rinnovarsi di una tradizione forte, intensa, toccante. E da ieri sera condivisa con la cittadinanza. Per la prima volta infatti, il ricordo è stato celebrato in una piazza. Quella del quartiere in cui settant’anni fa Carlo Borsani è stato ucciso. Quella poco distante dalla via in cui, nel 1975, Sergio Ramelli ha incontrato la morte. Quella a poche centinaia di metri dal luogo in cui, l’anno successivo, anche Enrico Pedenovi ha conosciuto l’odio di chi predicava che uccidere un fascista non è reato.

“Su questo 29 aprile avete letto di tutto. L’unica cosa che conta è questa piazza. L’unica cosa che conta – ha detto Guido Giraudo nel suo intervento di apertura della manifestazione – è che siamo ancora uniti nel ricordo di Sergio, Enrico e Carlo e di tutti i nostri martiri”. Giraudo ha poi proseguito sottolineando l’impegno delle realtà organizzatrici dell’evento (Lealtà Azione, Casapound, Forza Nuova e Fratelli d’Italia) e ricordando il significato della commemorazione e le radici del rito dell’Appello, nato nelle trincee quando, dopo una battaglia, i soldati ancora vivi rispondevano “Presente” al posto di quelli che non potevano più farlo.

Poi Barbara e Claudio, attori del laboratorio Vertex teatro, professionisti e anche militanti (come tutti coloro che si sono alternati sul palco e che hanno contribuito con passione e dedizione alla preparazione della serata), hanno recitato un brano dedicato a Carlo Borsani, tratto dall’opera poetica “La libertà” di Alfonso Indelicato.sergio carlo enrico 2

Skoll e Davide Picone hanno quindi aperto l’appuntamento musicale con “Campi Elisi”, che con la sua atmosfera di intensa serenità permette a chi ascolta di “incontrare” tutti coloro che ci hanno preceduto. Molti dei quali sono entrati dalla vita dalla porta sbagliata e l’hanno affrontata ridendo, come ha scritto Massimo Morsello inCanti assassini, che la voce di Skoll ha fatto risuonare tra i palazzi del quartiere di Sergio. I cui capelli al vento e la semplice purezza sono poco dopo tornati a vivere sulle note di Più caro agli dei. Con Anita, uno tra i brani più belli del cantautore milanese, è poi stata di nuovotra quelli che ha sempre considerato un po’ come suoi figli mamma Anita Ramelli.

A lei è stata dedicata anche la seconda interpretazione degli attori di Vertex: un testo tratto dal libro “Una storia che fa ancora paura” (ripubblicato, per questo particolare anniversario, un un’edizione speciale aggiornata). Parole con cui il cuore distrutto di una madre racconta il momento in cui suo figlio le ha detto addio accarezzandole la mano.

I DDT, che come ha detto Guido Giraudo introducendoli, sono stati tra i primi a raccogliere l’eredità degli Amici del Vento nel commemorare in musica il ricordo di Sergio, Enrico e Carlo, hanno poi eseguito la loro 29 aprile, emozionando tutti coloro che, anno dopo anno, si sono ritrovati per le vie di Milano in questa data simbolo di dolore e radici. Rinnovate poco dopo con l’interpretazione, in versione riarrangiata, di brani di Massimo Morsello (Noi non siamo uomini d’oggi), Francesco Mancinelli (Generazione 78) e 270 bis (Non scordo).

Poi di nuovo poesie, tratte questa volta da “Chi ha paura dell’uomo nero” di Paolo Bussagli, lo spettacolo teatrale che ripercorre le vicende dell’omicidio Ramelli. Ultimi a salire sul palco sono stati gliAmici del vento, che hanno eseguito alcune delle loro canzoni (Anni 70, Vecchio Ribelle, Nel suo nome e l’omonima Amici del vento) con cui, negli anni, è stato tramandato il ricordo di atmosfere, sensazioni e modo di essere della Comunità politica riunita in piazza a ricordare i suoi martiri.

Durante tutta la serata i partecipanti, a piccoli gruppi, si sono recati nella vicina via Paladini (angolo via Amodeo), sotto casa di Sergio. A deporre un fiore ed una candela. Bianchi come la purezza di quel giovane che da lassù, insieme a mamma Anita, ha certamente osservato, forse sorridendo, quella silenziosa e commossa processione.

Il culmine della manifestazione si è avuto quando, sul sottofondo delle note maestose e solenni del Tannhauser di Wagner, sono state pronunciate le motivazioni per le quali Sergio, Enrico e Carlo continuano ad essere ricordati. Ed al termine di ogni lettura, migliaia di voci hanno risposto “Presente” alla chiamata dei nomi dei caduti. Un grido che, tra le fiaccole accese che ognuno teneva in mano, ha squarciato il buio della notte e il silenzio dell’indifferenza. Un grido che, accompagnato dalle lanterne portate in alto dal vento, ha raggiunto Carlo, Enrico e Sergio nel cielo d’aprile, insieme alle note di “Il domani appartiene a noi”, coro finale intonato con emozione da tutti i presenti.

Fin qui il racconto di quanto avvenuto. Ciò che è invece difficilissimo da descrivere, perchè a volte le parole non bastano per esprimere come si vorrebbe le emozioni vissute, è la forza trascinatrice e trascinante che serate come quella del 29 aprile a Milano regalano ai cuori puri che vi partecipano. Una forza fatta di lacrime, abbracci, parole dette e non dette, nodi nella gola, gambe che tremano. Una forza fatta di passi silenziosi, di consapevolezza, di lealtà, di impegno, di fatica, di battaglie future. Una forza moltiplicata perchè condivisa con una famiglia ideale pronta a rinnovare ogni giorno nell’azione la promessa fatta a Sergio, Enrico e Carlo. Una forza che consente, a chi se ne fa portatore e scintilla, di camminare verso il futuro sempre a testa alta e di cantare con amore e con orgoglio “noi sempre in piedi, a gridare il suo nome, avambracci distesi, la pace e l’onore! Spiriti tesi, nel giorno che muore, uomini in piedi, come lampi di cuore”.

Cristina Di Giorgi

(articolo pubblicato su Il Giornale d’Italia, 1/5/2015)

(foto di Matteo Pisoni)


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