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QUATTORDICI CANTI DALL'INFERNO
Quasi una storiella di fantasmi. Cigolano le porte e si trascinano le catene. E infatti, proprio come in una di quelle storielle, gli Intolleranza hanno cessato di vivere improvvisamente, in una notte di giugno di più, di cinque anni fa. Come capita spesso, il gruppo si era formato per caso, nel 1987. Chitarra-voce, basso-voce batteria. Niente di speciale insomma. Niente di insolito. Dal vivo abbiamo sempre suonato nello stesso modo: chitarra a destra, basso a sinistra, batteria dietro e tutti a urlare. Il nome è venuto fuori molto prima della prima prova, nella schiuma di un boccale di birra. Malgrado ciò che può sembrare, è sempre stato pronunciato col sorriso sulle labbra. Come tutto il resto d'altronde. Per soli due anni di vita.
Non è stata una morte naturale, assolutamente. Non è stato uno di quegli "scioglimenti" da gruppetto anni Ottanta, con cantanti primedonne, litigi semi-omosessuali nei camerini, tradimenti e piccole invidie. Niente di tutto questo. Anzi. Come in una storiella di fantasmi, fu una morte violenta, veramente violenta. Con feriti, arresti, messi di fuga, ritorni, accuse, pubblici ministeri, processi e mille scocciature. Fu molto più di un incidente. Così, come un'anima in pena, il gruppo ha continuato a vagare da uno studio di registrazione all'altro, un anno dopo l'altro, un pezzo dopo l'altro, chiedendosi ogni volta se fosse una buona idea rimescolare il passato. Smuovere il fango. Forse, inconsciamente, la volontà era quella che brucia nell'anima di ogni morto vivente. Quella di darsi pace. Di terminare la propria avventura. E di morire davvero.
Ci sono voluti più di cinque anni, e alla fine quella che è venuta fuori è veramente una serie di istantanee scattate dal passato una fotografia fedele di un periodo irripetibile della nostra vita. Non abbiamo voluto ripresentare l'elenco completo dei nostri pezzi, né rifare tutto daccapo, magari modificando i testi e riarrangiando gli accordi. Abbiamo suonato adesso come suonavamo allora, cercando solo l'immediatezza, l'insofferenza, la spontaneità e la potenza pura. Dall'oltretomba sono venute fuori quattordici canzoni. Ora che sono tutte in fila, una dopo l'altra, ora che è pronta la copertina e che sta per uscire il CD, ci rendiamo conto di quanto abbiamo avuto ragione. E ci accorgiamo anche di quanto siamo stati fortunati. Di quanto sarà stato importante, per noi stessi più che per chiunque altro, saltare fuori di colpo da sotto la terra, agguantare quello che era nostro, e riscomparire di nuovo, una volta per tutte. Un pezzo dopo l'altro, è venuto fuori il nostro cammino.
LA GIOIA: le prime canzoni, quelle più esalate e quelle più ironiche-come Tifo Selvaggio, che non venne mai suonato dal vivo-furono dedicate alla gioia e al sincero divertimento con cui si trasformò in musica quella che altrimenti sarebbe stato una lotta sorda e senza via d'uscita. Abbiamo sempre prediletto il divertimento. E per fortuna ci siamo divertiti.
IL SACRIFICIO: malgrado tutto sotto quei primi accordi riaffioravano le ferite della Storia, che difficilmente si potranno rimarginare. Come il Veto, Steppa, Werwolf. Sofferenze e sacrifici che non potranno mai più essere vendicati, nemmeno nel futuro più lontano. Crimini e infamie che non verranno mai ammessi e non verranno mai giudicati.
L'UNIONE: la chiusura dell'anello è ciò che anche oggi ci unisce. E' ciò che ci ha spinti ad incidere-nel vero senso della parola-la nostra testimonianza. La soddisfazione e la certezza di lasciare n segno. Un messaggio a chi saprà leggere. Una promessa a chi saprà sentire. Un saluto a chi non dimentica.
Gli altri…tutti all'inferno.

Progetto grafico TRIFASE ROMA

Formazione degli Intolleranza: Katanga: voce e basso, Stolz: chitarra, Testone: batteria.

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