Rassegna Stampa

Fascisti, ma progressivi - Janus 1976-1981

Testata: ISLE FULL OF NOISE

Data:23 marzo 2013

Tipologia: Generico

Locazione in archivio

Stato:Solo testo
Locazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Isle of noise,Isle of noise 2013-03-23

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In realtà non molto progressivi; forse fascisti; e detentori di una patente di alternatività garantita, più che dalle scelte musicali, dalla quasi totale clandestinità. Un aura da ghetto dovuta certamente alla temperie politica coeva, alla carenza di un pubblico partecipe e, forse, anche ad un sommesso compiacimento underground per l'autoesclusione ("le aquile volano sole, i corvi vanno a stormi").
Formatisi a Roma a metà dei Settanta su impulso di Mario Ladich (una loro storia è delineata dal sito Pinzillacchere Musicali; per l'inquadramento storico bello il post di John's Classic Rock con testimonianze d'alcuni protagonisti del tempo), gli Janus risentono, rispetto alla media della produzione italiana del periodo, degli stessi limiti che questa soffre nei confronti di quella maggiore europea: debolezza delle parti vocali, improvvisazione, privilegio della parte militante su quella squisitamente musicale, ricerca esclusiva del melodismo. Nonostante tali manchevolezze, gli Janus si differenziano, però, dalle precedenti esperienze di destra: sia per il loro eclettismo sonoro (il rock indurito tipico dei Settanta, il progressive, il punk), sia per un deciso arricchimento dei riferimenti culturali a detrimento della pura testimonianza nostalgica: De Aegypto è il volgarizzamento d'un poema di Ezra Pound, il testo di Al Maestrale pare liberamente ispirato all'omonima canzone da ballo di Friedrich Nietzsche*. Altrove i Nostri diluiscono meritoriamente eventuali tributi al nazifascismo in un'elegia funebre (Dresda**); celebrano l'escapismo con rimandi al folclore celtico e latamente tolkeniano (An dro; King of the fairies); si concedono raramente alla lutulenza dell'odio politico (Kampf: "Attento compagno inizia la lotta!"), anzi declinano tale sentimento con accenti frontisti bipartisan che, ormai, muovono al sorriso (L'Europa delle aquile: "No, non credo all'uomo massa/No, non credo alle follie di Marx/No, non credo all'uomo ingranaggio/No, non credo ai grattacieli di [Zio] Sam!"); celebrano il cameratismo con riservato contegno (Note per un amico [A Stefano]; Canzone di un prigioniero politico); mostrano una certa forza d'ensemble (nella Janus first session, 26'14'').
Il chitarrista Stefano Recchioni fu ucciso nel 1978 da un membro delle forze dell'ordine durante gli scontri scoppiati in seguito ai fatti di Acca Larentia*** (in cui altri due militanti del MSI caddero per mano di un sedicente Nucleo Armato di Contropotere Territoriale).
In realtà le istanze politiche del tempo (di qualunque parte) erano già carne da macello da almeno un quinquennio; la normalizzazione del Potere Unico avanzava incontrastata. Pochi la riconobbero, ancor meno la denunciarono esplicitamente. The brave new world, che ora viviamo, era alle porte. Tutto il mondo politico dei Settanta, strumentalizzato e annientato proprio da quel Potere, porta le stimmate di una sconfitta epocale. Una pacificazione storica dovrebbe partire da qui.


* Cfr. la lettera del filosofo a Peter Gast datata 22 Novembre 1884.
** La città fu teatro dei bombardamenti a tappeto angloamericani; si registrarono quasi 400.000 vittime civili.
*** L'anno seguente un altro militante, Alberto Giacquinto, venne ucciso dalle forze dell'ordine durante la commemorazione.


Gruppi citati

JANUS