Rassegna Stampa

Fino a quando il console fascio-rock?

Testata: LA REPUBBLICA

Data:14 gennaio 2012
Autore: Concita De Gregorio
Tipologia: Generico

Locazione in archivio

Stato:Recuperato
Locazione: ASMA-Archivio digitale RS,Recuperati,La Repubblica 2012-01-14

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E poi c' è il caso di Mario Vattani, figlio di. Direte: un caso minore, al cospetto dei camorristi che tengono in scacco il Parlamento, degli alti funzionari di Stato confermati nell' incarico seppure sotto inchiesta e con 14 processi alle spalle, dei doppi e tripli incarichi con relativi stipendi, dei gran commis sodali dei corruttori e degli sciacalli del terremoto. Minore anche al cospetto dei proprietari di una cinquantina di immobili di cui però "solo sedici" ad uso abitativo. Tutti ancora al loro posto, pazienza per la sobrietà del loden style. Questo Vattani, in fondo, canta. Un episodio di folklore, poca cosa. Insomma. Insomma perché Mario Vattani in arte Katanga è console italiano a Osaka, e quando canta "fra cinque anni in primavera alzerò bandiera nera", quando inneggia a braccio teso all' "altra Repubblica", quando racconta in musica di aver pestato un uomo a calci fino a storcersi la caviglia lo fa in nome del popolo italiano. Se pure non in sede diplomatica - ci mancherebbe solo - quando sale sul palco del festival di Casa Pound e duetta con Gianluca Iannone, lo stesso Iannone che ieri esultava per la morte del pm antiterrorismo Pietro Saviotti, non cessa di essere un rappresentante dello Stato. Di più: un simbolo dell' Italia all' estero, pagato dai cittadini per rappresentare con onore il nostro paese, per difenderne gli interessi, per tutelare i connazionali. Eppure Katanga è ancora lì, al suo posto. La Farnesina, di cui suo padre è stato per due mandati segretario generale, ha preso in esame il caso. Lo ha fatto dopo che grandissimo clamore in rete, e appelli e raccolte di firme, aveva suscitato il video dell' esibizione canora: Katanga, leader del gruppo Sotto fascia semplice, canta nella Tana delle Tigri alla festa di Casa Pound. Invettive contro gli antirazzisti, i pacifisti dell' arcobaleno, esaltazione per la bandiera nera e per l' altra Repubblica, saluto romano. Testo della canzone "Ancora in piedi": "Siamo tornati col Matteoe con Sergio, siamo passati dalla porta di dietro. Vicino ai cessi dalla parte dell' aula quarta c' era il bastardo che mi aveva aggredito. L' abbiamo messo per terra e cercava di scappare, ma è rimasto appeso a una maniglia. Gli ho dato tanti di quei calci, ed era tanta la rabbia, che mi sono quasi storto una caviglia". Ovazioni del pubblico. Ecco, cose così. Con qualche intervallo di "Cinghiamattanza", un rito in cui sul palco si menano con le cinghie dei pantaloni (mimano, certo, ma qualche colpo scappa). Niente di nuovo: Mario Vattani è da anni un leader del Rock against communism, già voce degli Intolleranza (gruppo ispirato alla resistenza nazista), compagno di cori degli Zeta zero alfa di Gianluca Iannone, poi fondatore del gruppo "identitario" Sotto fascia semplice. Una carriera musicale nota ai cultori del genere. Negli stessi anni il giovane Vattani, primogenito di tanto padre, era coinvolto in un pestaggio al cinema Capranica, di seguito entrava in diplomazia - a 25 anni - per diventare alla velocità della luce capo dell' ufficio economico dell' ambasciata italiana a Tokyo, poi console generalea Osaka previa opportuna modifica della legge in materia di carriere diplomatiche. Il Giappone, si sa, è terra cara ai neofascisti italiani. Delfo Zorzi, oggi imprenditore di successo, ha preso lì il nome di Svastica. Intanto, negli anni in cui Vattani padre era accusato di peculato e molestie sessuali ad una dipendente che ossessionava al telefono ed era dunque impegnatoa difendersi in aula (è stato poi condannato), il figlio veniva preso sotto l' ala protettrice di Gianni Alemanno, chiamato a far da consulente diplomatico prima al ministero dell' Agricoltura poi al Comune di Roma. Dopo l' esibizione fascio-rock, la Farnesina lo ha affidato a una commissione disciplinare, ma non ha ritenuto neanche di sospenderlo e richiamarlo, intanto, in patria. Il ministero promette punizioni severe: come il trasferimento. Accipicchia. Speriamo non in Israele, sarebbe indelicato. Speriamo non previa promozione, come si usa. In rete migliaia e migliaia di italiani chiedono che lasci la diplomazia, ché chi inneggia alla bandiera nera e saluta a braccio teso - chi è nostalgico di una dittatura - non può rappresentare all' estero un Paese democratico, né a Osaka né in nessun' altra città del mondo. Ineccepibile. Forse il presidente del Consiglio potrebbe dedicare qualche minuto del suo tempo a chiarire col ministro degli Esteri questo episodio minore, se anche dovesse considerarlo una sciocchezza. Ultimamente gli italiani sono molto sensibili al senso di giustizia e di equità che chi chiede sacrifici è capace di esprimere. Sensibilissimi.


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