Canzoni

IL PENSIONATO

Anno: 1977

Gruppo: FRANCESCO GUCCINI

Testo e musica: Francesco Guccini

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Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare
l'odore quasi povero di roba da mangiare;
lo vedo nella luce che anch'io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da 30 candele;
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed-angoli di polvere e di odori;
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani,
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani.
Lo sento quando torno stanco e tardi la mattina:
aprire la persiana, tirare la tendina;
e mentre sto fumando ancora un'altra sigaretta:
andar piano, in pantofole, verso il giorno che lo aspetta;
e poi lo incontro ancora quando viene l'ora mia
mi da un piacere assurdo la sua antica cortesia:
« buon giorno professore, come sta la sua signora?
E i gatti? E questo tempo che non si rimette ancora!!! »
Mi dice cento volte fra la rete dei giardini
di una sua gatta morta, di una lite coi vicini;
e mi racconta piano, col suo tono un po' sommesso
di quando lui e Bologna eran più giovani di adesso.

Io ascolto, e i miei pensieri, corron dietro alla sua vita,
a tutti i volti visti dalla lampadina antica;
a quell'odore solito di polvere e di muffa,
a tutte le minestre riscaldate sulla stufa;
a quel tic-tac di sveglia che enfatizza ogni secondo,
a come dal quel posto si può mai vedere il mondo;
a un'esistenza andata in tanti giorni uguali e duri,
a come anche la storia sia passata fra quei muri.
Io ascolto, e non capisco, e tutto intorno mi stupisce:
la vita, come è fatta, e come uno la gestisce ;
e i mille modi, e i tempi, poi le possibilità,
le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità;
e ancora mi domando se sia stato mai felice,
se un dubbio l'ebbe mai, se solo oggi si assopisce;
se un dubbio l'abbia avuto poche volte oppure spesso,
se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso.
Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo;
non posso e non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti la sua solitudine o la mia..

Diremo forse un giorno, ma se stava così bene,
avrà il marmo con l'angelo che spezza le catene;
coi soldi risparmiati un po' perché non si sa mai,
un po' per abitudine e son sempre pronti i guai.
Vedremo visi nuovi, voci dai sorrisi spenti
« piacere »; « è mio », « son lieto », « eravate suoi parenti »?
e a poco a poco andrà via dalla nostra mente piena,
soltanto un'impressione, che ricorderemo appena.