Rassegna Stampa

Cabaret la storia mai scritta - La satira va in "Giardino"

Testata: SECOLO D'ITALIA

Data:2 settembre 1995
Autore: Leo Valeriano
Tipologia: Specifico

Locazione in archivio

Stato:Originale
Locazione: ASMA,RS2-0008 (RS6-0001),25 (7)

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Fu nell’autunno del 1967 che mi incontrai con Luciano Cirri al ristorante All’Angoletto a Piazza Rondanini, proprio di fronte al locale dove già fervevano o lavori per l’apertura del nuovo cabaret Il Giardino dei Supplizi. Il nome era stato preso in prestito da una rubrica che compariva settimanalmente sul Borghese e che era curata dallo stesso Cirri. In quella occasione egli mi confidò i motivi che lo avevano indotto a staccarsi dal gruppo e a creare un nuovo cabaret. Io, da parte mia, gli raccontai cosa avevo fatto in quell’ultimo periodo: il lavoro da cartellonista che avevo trovato, le serate che avevo affrontato un po’ ovunque, perfino nella riviera romagnola dove avevo cantato le mie canzoni nello stesso locale dove Al Bano cantava le sue, e gli raccontai anche della beffa che complici i Filippo Orini e Gino Ragno avevo fatto al recital della cantante comunista Gisela May. In un teatro Olimpico pieno di comunisti avevo cantato quella ballata che si chiama Gisela e che ricorda la storia di quella bionda ragazza dagli occhi colore del mare che colpita dalle raffiche della Volkpolizei comunista, rimase a morire sul confine delle due Berlino (Testo).
La campana a cui facevo riferimento era la Freiheit Glockenklank donata dagli Stati Uniti d’America al Comune di Berlino. La campana della libertà. Mai nome mi era sembrato più ironico. Ovviamente Luciano aveva già letto sui giornali la notizia dell’avvenimento, ma volle saperne tutti i particolari. Poi mi chiese se avessi scritto qualche nuova canzone. Gli feci ascoltare Budapest, la ballata che avevo scritto per il decennale dall’invasione della sfortunata città da partye dei sovietici. Gli raccontai anche che avevo tratto quei versi da altri, di autore ignoto, che avevo avuto da un profugo ungherese. Ascoltando la canzone e i versi autentici, Luciano ne fu molto colpito e decise di inserire gli originali in un volume che le Edizioni Il Borghese erano in procinto di pubblicare. E fu per il lancio di questo che mi chiese di eseguire la ballata intercalando alla parte cantata i versi originali, che sarebbero stati recitati da Sandro Pellegrini, uno dei nuovi attori che aveva assunto per il suo nuovo cabaret. Gli altri membri della compagnia erano Oreste Lionello che con Claudfio Caminito, Pat Starke e Pino Roccon lo aveva seguito dal Bagaglino e la coppia Gianfranco Funari e Maria Palma Vallone. Ero felice di entrare nella nuova compagine ma memore degli immediati trascorsi, chiesi di non venire retribuito e poter eseguire la canzone al termine dello spettacolo. Questo perché così spiegai a Cirri, non intendevo barattare quello che era il mio nuovo lavoro di cartellonista con qualcosa che ritenevo assolutamente insicuro e legato a fluttuazioni umorali,. Luciano capì il mio nuovo punto di vista e accettò.
Ormai i due cabaret, il Bagaglino e Il giardino dei Supplizi, sembravano contendersi i clienti e ci fu un giorno da dimenticare quando uno dei tre autori rimasti nel cabaret originario, per una dichiarazione di Cirri mal riportata dalla stampa, venne nel nostro locale per risolvere la contesa secondo un non scritto codice romanesco. I giornali per questo avvenimento si gettarono ancora più golosamente sulla notizia, regalando un’indiretta pubblicità a entrambi i cabaret. Fu a quel punto che Claudia Caminito, dati i suoi rapporti con Finaldi che era rimasto al Bagaglino, decise di allontanarsi dalla nostra compagnia. Il suo posto venne preso da Anna Mazzamauro. Lo spettacolo con cui debuttammo si chiamava L’Oppio è il padre degli Hippy. Oreste Lionello esplodeva con un monologo dal titolo Il marciatore della Pace, Pat Starke eseguiva in maniera magistrale una canzone scritta da Luciano Ebreo errante, e Gianferanco Funari recitava un brano sconcertante Di odio si vive: Ricordi compagno i tempi lontani? Ognuno di noi odiava il prossimo suo come se stesso. Tu eri tra i partigiani, Io ero il solito fesso, sempre qui inchiodato alla parte perdente, tra la gente che ha sempre torto. Attaccai il manifesto col tuo viso sui muri di Sesto San Giovanni, vivo o morto..
Io ogni mattina andavo al lavoro e mi sbizzarrivo nei disegni pubblicitari,. Poi la sera dopo una bella doccia ristoratrice e una parca cena, arrivavo al Giardino dei Supplizi già in costume: i pantaloni e il maglioncino nero che per molti anni sono stati la mia divisa. Attendevo il termine dello spettacolo e poi entravo in scena per cantare Budapest (testo)
Il successo fu superiore a ogni aspettativa ma io ogni sera, immediatamente dopo aver cantato, ritornavo a casa per riposarmi in attesa di una nuova giornata. Era una vita faticosa, ma mi sentivo molto appagato. Dopo quattro mesi accadde un fatto increscioso: degli sconosciuti mi rubarono la chitarra dalla macchina. Fu Luciano a regalarmene un’altra, unitamente alla richesta di abbandonare il mio lavoro per entrare definitivamente nella famiglia del Giardino dei Supplizi, anche come attore “non sono io a chiedertelo, mi disse, è Gianni Preda, Sarà lei a firmare il nostro prossimo spettacolo e vuole che tu partecipi direttamente” Non so se fu questa ultima cosa a farmi decidere, ma accettai. Nel frattempo, la ballata di Budapest aveva ottenuto un così alto gradimento che Cirri decise di farne un disco. Per poterla incidere su una sola facciata si necessario realizzare un 33 giri che dall’altra parte ospitò due canzoni già incise quando ero al Bagaglino: Berlin e Un ragazzo. Nacque così l’etichetta EGS che Luciano affidò alle mie cure. In quel breve periodo realizzammo altri otto 45 giri. L’atmosfera che si viveva al Giardino dei Supplizi era completamente diversa da quella del Bagaglino. A parte la pedana che Oreste Lionello aveva chiesto che fosse realizzata come un piccolo palcoscenico, anche la conformazione del locale si presentava in maniera differente. Oltre al teatrino propriamente detto, c’era uno splendido piano bar e altre due salette. Noi attori e cantanti poi, avevamo a disposizione due capaci camerini, uno per le donne e uno per gli uomini., I rigatoni di mezzanotte che avevano sostituito le penne venivano portati direttamente dal ristorante L’Angolettop che si trovava esattamente di fronte al cabaret. Per cui nel locale non si sentiva odore di sughi all’amatriciana. Il personale, una parte del quale aveva seguito Cirri dal Bagaglino, era quanto di meglio si potesse desiderare e si prodigava in modo tale che la sala era sempre al suo massimo. Ovunque si respirava un’atmosfera da Belle Epoque. Tranne che per i testi, naturalmente. Questi, dovuti all’inizio al genio di Cirri, e in seguito anche alla penna graffiante di Gianni Preda, erano molto diversi da quelli del Bagaglino. Come lì erano moderati, qui staffilavano ferocemente il mondo politico e il potere censorio. Era un tipo di satira teatrale che sembrava prendere spunti da quel teatro politico di Piscator che nella Mitteleuropa di qualche tempo prima si era proposto come teatro di autentica avanguardia. Con un’unica differenza: il nostro teatro era decisamente orientato a destra.


Gruppi citati

LEO VALERIANO - Cabaret e satira