Rassegna Stampa

Una canzone per ricordare

Testata: IL BORGHESE

Data: maggio 2005
Autore: Cristina Di Giorgi
Tipologia: Recensione

Locazione in archivio

Stato:Recuperato
Locazione: ASMA-Archivio digitale RS,Recuperati,Il Borghese 2005-03

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I RICORDI sono frammenti di esperienza che, riposti nei cuori e nelle menti di chi li ha vissuti, tornano a volte davanti agli occhi come immagini di un film. Alcuni fanno sorridere, altri piangere, altri ancora riflettere.
Appartengono a quest'ultima categoria quei momenti che, andando oltre le esperienze individuali, diventano memoria di un Popolo, che condividendoli diventa consapevole della sua storia. E quanto accaduto a proposito dell'epopea delle terre istriane e dalmate, le cui vicende vengono ufficialmente ricordate il 10 febbraio di ogni anno.
Una tragedia troppo a lungo dimenticata quella degli esuli italiani delle città di confine, vittime due volte di un odio che li ha visti prima privati dei propri beni e cacciati dalle loro case e poi rifiutati da quella che ritenevano la loro Patria che, invece di accoglierli, li ha fatti oggetto di scherno e derisione e in seguito ha finto di dimenticare le atrocità da loro subite.
Una tragedia che può e deve essere ricordata da tutti con attenzione e rispetto, riconoscendo agli istriano-dalmati, anche se in ritardo, quell'Italianità per la quale hanno tanto sofferto e della quale si sono sempre sentiti fieri.
Fino al 2004, anno in cui è stata istituita la Giornata del Ricordo dedicata appunto
a quelle terre, ben poche sono state le voci che, inascoltate, si erano levate per ricordare le drammatiche vicende che gli esuli hanno impresse negli occhi e nella mente.
Nei libri di storia non si trovano infatti che pochissimi cenni al sangue sparso nelle foibe, le profonde cavità carsiche in cui i comunisti di Tito hanno gettato migliaia di italiani per attuare una crudelissima pulizia etnica atta a rendere le terre di confine materialmente ed ideologicamente slave.
Pochi sono anche i cenni al viaggio senza ritorno di coloro che, riusciti a sfuggire a quella bestiale violenza, sono giunti nel nostro paese, che anziché accoglierli a braccia aperte li ha nuovamente umiliati, come è accaduto per esempio quando, alla stazione di Bologna, un presidio di sindacalisti, al grido di «Fascisti, fascisti!», ha impedito ai passeggeri di un treno proveniente da quell'area devastata di scendere a rifocillarsi.
Tra coloro che, consapevoli delle radici e della memoria dell'Italia intera, hanno voluto dare voce a quella parte di storia dimenticata, vi sono alcuni giovani autori di musica politica di destra, che con le loro canzoni hanno dato testimonianza di sentimenti ed emozioni da molti troppo a lungo trascurati.
I vicentini «Gesta Bellica», nella loro «Foibe» (1999) così descrivono l'atmosfera cupa e oscura dei giorni in cui, alla fine della seconda guerra mondiale, l'odio ha ingoiato migliaia di innocenti rei solo di essere italiani: «Eran giorni di sangue eran giorni senza fine per le orde slave era l'ultimo confine. Erano gli ultimi fuochi di un 'infinita guerra e quei barbari feroci volevan quella terra. Uomini e donne venivan massacrati, loro sola colpa italiani essere nati. Vecchi e bambini gettati negli abissi, spinti giù nel vuoto dai gendarmi rossi ( ..) venivano sospinti con furore e odio, vittime prescelte per un vero genocidio».
Un dramma, quello degli infoibati, reso se possibile ancora più atroce dalla dimenticanza del loro sacrificio da parte di un paese che, anziché ricordarli, li ha trascurati al punto da rendere omaggio, a mezzo del Presidente
Pertini, al capo dei loro carnefici, il maresciallo Tito: «E non posso più scordare e il mio cuore piange anco ra al ricordo di un presi dente che ha baciato la sua bara, presidente di quel/ 'Italia che ha voluto dimenticare chi fu massacrato perché italiano volle restare ( ..)».
Alle terre di Istria e Dalmazia è dedicata poi «Di là dall'acqua» (1996), dei padovani «Compagnia dell''anello», un immaginario viaggio che ripercorre all'indietro la rotta di coloro che sono stati costretti a lasciare la loro terra natia, legata al nostro paese al punto che lì «anche le pietre parlano italiano»: «Nave che mi porti sulla rotta istriana, nave quanti porti hai visto, nave italiana. Nave che attraversi il golfo di Venezia agile vai avanti anche solo per inerzia. Portami veloce sulla costa polesana, corri più in fretta come una volpe verso la tana. E tu signora bella non sarai più sola danzeremo insieme nell'arena di Pola ( ..). Siamo nel Quarnaro sempre più vicini, solo ci circonda la danza dei delfini e poi Arbe e Veglia ci guardano passare, anche dopo cinquant'anni non si può dimenticare (..). Nave che mi porti sulla rotta di Junger, nave quanta gente è scappata da v Fiume! Pensa agli stolti che in televisione chiamano Dubrovnik Ragusa la bella. Ascolta in silenzio la voce delle onde, ti porterà sicura verità profonde, perché in Italia, non dimentichiamo quanto ha sofferto il popolo istriano, perché in Italia non dimentichiamo quanto sta soffrendo il popolo istriano».
Una sofferenza che probabilmente non finirà mai, ma che un pensiero orgoglioso ed un fiero ricordo possono forse rendere più sopportabile.


Gruppi citati

COMPAGNIA DELL'ANELLO - GESTA BELLICA