Rassegna Stampa

I canti assassini di un De Gregori nero

Testata: L'ITALIA SETTIMANALE

Data:14 marzo 1996
Autore: Andrea Carlostadio
Tipologia: Specifico

Locazione in archivio

Stato:Smontato originale
Locazione: ASMA,RS2-0003,11

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Massimo Morsello, 37 anni cantrautore latitante. Dalla clandestinità degli anni di piombo al Punto di non Ritorno dell'esilio londinese, il tutto raccontato in un nuovo album

"Il 28 agosto del 1980 per pura combinazione mi trovavo al mare, a Santa Marinella.. Mi telefona mia madre e mi dice - ti vengono a prendere - Erano già stati alla casa di Roma, adesso i poliziotti bussavano alla porta. Sono scappato dalla finestra e sono diventato latitante" Oggi Massimo Morsello, in arte Massimino, ha 37 anni ma quel giorno se lo ricorda bene. Vive a Londra, un posto che continua a essere un buco nero per le maglie della giustizia italianae recentemente il suo nome è finito in prima pagina per aver
sponsorizzato il concerto jazz che Romano Mussolini ha tenuto nella capitale britannica, fra le proteste della Lega antinazista. Quindici anni sono tanti, il tempo passa veloce. Morsello si è costruito una solida attività commerciale, sul biglietto da visita c'è scritto Meeting Point the Agency, e un indirizzo che evoca suggestuioni brittanniche e un mondo lontano. Massimo ha fatto i conti, nel 2003 potrebbe tornare in Italia; ma la sua vita è ormai oltremanica, dove, per utilizzare il titolo di un disco parabiografico che uscirà in Italia il dieci marzo, ha già oltrepassato il suo Punto di non ritorno. Quindici anni sono un lungo tratto di vita, in mezzo c'è la distanza che ci separa dagli anni di piombo, dalle guerre per bande, dai tempi in cui il Fuan Caravella di Roma era un calderone ribollente in cui convivevano le anime più diverse della destra, da quelle degli istituzionali legati al partito, a quelle degli extraparlamentari, scapigliati e un po' prepotenti che eravamo noi" Morsello ricorda quei giorni e gli sembra un secolo fa; pensa ai camerati rincorre nomi nella memoria: da Teodoro Buontempo a Gianfranco Fini, da Gianni Alemanno ad Adolfo Urso (che sono in Parlamento) fino a Dario Pedretti (che è ancora in carcere). Destini diversissimi di persone che per un momento si erano incontrate nell'organizzazione die giovani universitari vicina al Msi. Quel 1980 fu uno spartiacque "Quello era un periodo il cui confine fra legalità e illegalità era una linea molto sottile da oltrepassare e in cui se finivi in carcere, ti facevi tre anni di isolamento: per un mese sono rimasto clandestino a Roma, chiuso in casa di alcuni parenti. Non uscivo mai" L'accusa: costituzione di banda armata. Morsello emigra in Germania, come operaio in un altoforno, "Un'esperienza incredibile per me, che ero un medio-borghese, figlio id un professore di educazione fisica e di una capointerprete dell'ambasciata bulgara. Mi arrivavano notizie di arresti, persone che per me rappresentavano qualcosa, avevo bisogno di tornare in Italia. Mi diedi una martellata su un dito fratturandomi volontariamente un mignolo. Era l'unico modo per ottenere un permesso: passai il confine con un passaporto falso" C'è anche questa storia fra quelle che filtrano nella sua musica "una fila di frontiere mi ha cacciato dal mondo": dalla Germania si passa all'Inghilterra" dove i trattati di estradizione erano più garantisti - ricorda Morsello - e i giudici avevano il potere di entrare nel merito dell'accusa" Sono in sette amici, tutti nella stessa condizione, quando cominciano a lavorare come lavapiatti prima e piazzaioli poi, finchè una mattina lo special branch della polizia britannica non li va a prednere "irrompendo come nei film, mascehre, tute, fucili puntati in mezzo agli occhi" E' il 1981: per loro sino sei mesi di carcere speciale, "isolati in una cella con tanto di buiolo ed un'ora di aria al giorno" Poi il gfiudice li mette in libertà togliendo alle autorità italiane la possibilità di ricorrere in appello, e i sette si ritrovano di nuovo fuori "liberi di morire di squallore". Ma l'Inghilterra è un mondo pervaso di spirito pragmatico e i vecchi padrino riassumono come se nulla fosse". Da là ripartono fino a quando non incominciano a guadagnare soldi con un servizio di Minicab, una sorta di taxi-bus, Nell'84 il salto: raccogliendo tutti i loro risparmi fondano Meeting Point, un'agenzia immobiliare che diventa il punto di riferimento di un'intera comunità di latitanti e militanti di destra. "finimmo subito nel mirino della stampa. Ci accusavano di essere sdoganatori di naziskin.. E in fondo era vero - ammette - non avevamo preclusioni per nessuno e recuperavamo anche le energie di chi era messo al bando. Avevamo come simbolo la celtica, non guardavamo in faccia nessuno, cercavamo di costruire una piccola comunità autarchica" Adesso il logo è stato ridisegnato, la croce è decentrata, il cerchio spezzato dai caratteri della scritta in basso un ponte stilizzato. "Molti dei naziskin che lavoravano con noi oggi hanno i capelli lunghi, altri sono diventati dei piccoli capitalisti, ma gli ideali e il modo di rapportarci sono sempre gli stessi. La nostra comunità mira ad essere autosufficiente, ogni tipo di funzione della nostra attività dall'avvocato all'architetto, alla security, racconta, è gestita da uno di noi. Usiamo metodologie fasciste questo è il segreto del nostro successo" Con un fatturato di 40 miliardi e filiali in tutta Europa, Morsello è tornato alla sua passione di cantautore e ha inciso un disco, forse anche per colmare la distanza che lo separa dal suo paese. Vive così sospeso fra questa nuova vita e i legami con l'Italia a cui è collegato da un portentoso sistema satellitare, "Horizon to Horizon"; lo descrive con una sfumatura di orgoglio nella voce, una piccola breccia nel sereno distacco che si avverte quando parla del suo paese. Uno strano paradosso vuole che la sua musica ricordi molto le sonorità degregoriane e a lui il paragone con il cantautore romano non dispiace affatto "Ammiro il suo stile ermetyico e le ultime cose, un po' meno, ovviamente, le canzoni politiche" Racconta ancora del disco, anche quello rigorosamente autoprodotto - dell'incontro con un vecchio leon Degrelle, a cui ha dedicato una canzone (Un generale di ottant'anni con un passo forestiero senza medaglie appese al petto, solo una croce tutta d'oro../Una storia morta e sepolta dal mare../Una guerra persa per sempre come una curva pericolosa) Parla della canzone manifesto dell'albun, una sorta di inno autocelebrativo intitolato con una punta di teatrale compiacimento, I nostri canti assassini (Entrammo nella vita dalla porta sbagliata/ in un tempo vigliacco con faccia sudata/.. Ora siamo lontani, siamo tutti vicini e lanciamo nel cielo i nostri canti assassini).
"Non tornerei in Italia" ripete ancora, con voce da ragazzo che non si associa alla sua immagine malinconica, alla foto che arriva dall'Inghilterra. La politica lo interessa ma non gli piace" Fini non è stato mai fascista"; Veltroni "fa schifo è il laburista moderno che ruba alla destra le formule più azzeccate"; di Berlusconi gli piace il profumo di autoarchia che si avverte quando parla delle sue aziende. In Italia girava "su una Bmw rubata con targa falsa, oggi in Inghilterra con una Mercedes decappottabile di mia proprietà" La sua è una parabola strana per la destra extraparlamentare degli anni '70: Ricorda ancora con rabbia l'uccisione di Alberto Giaquinto (freddato dalla polizia) di cui dice di essere stato testimone oculare. Eppure se gli chiedi un giudizio su quella stagione sorprende ancora "Lo Stato c'entra poco: forse gli anni di piombo sono colpa nostra. A volte penso che siano dei cicli storici. Ci sono state la generazione della droga, quella del terrorismo.. Perché? Non saprei dirlo. Quando parlo di allora le mie figlie mi guardano come se fossi uno zombie. E forse- conclude - hanno ragione loro".


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MASSIMO MORSELLO